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Dott.ssa Imma Di Tinco

I BAMBINI NON SANNO NIENTE, TESTIMONI SILENZIOSI


Immagini tratte dal film "Coco".

 

"Ho ancora bisogno di una tua parola, di un tuo sguardo, di un tuo gesto.

Ma poi all'improvviso sento i tuoi gesti nei miei, ti riconosco nelle mie parole.

Tutti coloro che se ne vanno, ti lasciano sempre addosso un po’ di sé.

E’ questo il segreto della memoria?

Se è così, allora, mi sento più sicura perché so che non sarò mai sola."

(Cit. Ferzan Özpetek)


COME AFFRONTARE IL TEMA DELLA MORTE CON I BAMBINI

Il dilemma della comunicazione

Il tema della morte è un tema controverso e difficile da trattare senza toccare la delicatezza dei sentimenti più crudi. Parlare di morte vuol dire parlare di perdita, confusione, tristezza e sofferenza. Parlare di morte vuol dire parlare di paura e di violenza.


La Difficoltà dell'Annuncio


Non si è mai pronti alla perdita di una persona cara, di una persona che è un punto di riferimento, di qualcuno a cui teniamo immensamente. E diventa ancora più difficile nel momento in cui si deve comunicare a un bambino. Spesso si ha un forte pregiudizio nei confronti dei bambini che non sappiano nulla della morte, che non pensino a questi temi, che sono molto lontani dalla loro realtà e consapevolezza.


Domande Scomode

Spesso però ci si trova davanti a delle domande che sono scomode per gli adulti, o ancora di più per i genitori, che hanno paura di ledere e ferire quella bolla di protezione e spensieratezza che è spesso associata ai bambini. La paura dei genitori è quella di lasciare ferite provenienti dalla sofferenza e che siano difficili da risanare.


La realtà dei bambini

Tuttavia, oggi i bambini sono abituati a riflettere sulla morte, visti gli avvenimenti violenti o sanguinosi, come aver vissuto il periodo Covid e la possibilità di perdere i propri cari, o le notizie di cronaca e di guerra che continuiamo a sentire sui media. Inoltre anche nei cartoni animati e film spesso ci sono trame di perdite e morti improvvise. Quindi in realtà i bambini già dalla tenera età conoscono il tema della morte, ma spiegarlo non è mai semplice.


Approcciare la morte: esiste un modo giusto?

Per spiegare la morte o la perdita di qualcuno non c’è un modo ideale, si potrebbe chiedere cosa immaginano ci sia dopo la morte, o se ci sia la possibilità di rincontrare le persone che non ci sono più, donare un senso di speranza senza creare illusioni.


Il diritto di conoscere

Un altro quesito che spesso è posto da chi ha avuto delle interruzioni di gravidanza è se comunicare la perdita del feto ai figli che sono in vita o che sono nati successivamente. Il bambino ha il diritto di conoscere la sua storia biografica, può essere utile per lui conoscere la storia dei suoi genitori, i loro vissuti, le loro esperienze traumatiche e spiacevoli. Ciò è necessario per i figli per capire qual è stato il percorso che l’hanno portati a lui, cosa hanno vissuto prima che ci fosse lui. Poiché senza la voglia di riprovarci probabilmente non sarebbe nato, non sarebbe figlio unico, o sarebbe nato ma non sarebbe lui.

 

Dignità alle esperienze dolorose

È importante dare dignità e significato anche alle esperienze dolorose. Come è importante dare al bambino la possibilità di dare valore e conservare i ricordi della persona che non c’è più. Condividere il dolore e la sofferenza è utile per tutti, fa sentire chi ne parla accolto, capito, compreso. Bisognerebbe condividere il dolore, le memorie ed i vissuti in modo da permettere al bambino di immagazzinare ricordi associati ad immagini, si può costruire una sorta di memory box in cui inserire foto, disegni, oggetti della persona persa.


Il peso del non detto

Capire come comunicare una perdita, parlare e spiegare alcuni termini come morte, suicidio o omicidio dà la possibilità al bambino di essere più consapevole di quello che è la vita, proprio perché risulterebbe inutile e più doloroso per il bambino vivere nella campana di vetro ed una volta rotta affrontare la realtà, senza conoscere le parti più dolorose del lutto, poiché potrebbe creare confusione e incertezza nei bambini.


La complessità del suicidio

Un esempio lampante può essere quello della perdita di un genitore o una persona cara che si è suicidata. Poiché spesso il suicidio provoca nelle persone che sono intorno a colui che ha perso la vita sensi di colpa e domande continue che rivolgono a loro stessi del perché non sono stati capaci di rendersene conto, o del perché non fossero abbastanza o sufficientemente  utili per accogliere la sofferenza di chi si è tolto la vita. Questo può attanagliare non solo gli adulti ma anche i bambini.

Risulta difficile parlarne soprattutto perché solitamente sono storie in cui risuona la violenza, ed i genitori hanno paura di dare un’idea del suicidio non realistica e che i bambini possano emulare l’azione in momenti di difficoltà con più leggerezza.


Il rischio di fantasie fuorvianti

Ma il non detto occupa spazio, è quasi invisibile agli occhi, ma il non detto per chi si ritrova a viverlo in realtà occupa lo spazio del percepire la realtà come distorta, anche se non è affrontato in maniera chiara e diretta, i bambini percepiscono il cambiamento dei volti, i volti della tristezza, la tristezza delle situazioni, i racconti sussurrati e l’assenza fisica della persona che non c’è più.


Testimonianze silenziose di dolore

I bambini percepiscono l’ambiente che è intorno a loro, e percepiscono anche i piccoli cambiamenti, soprattutto nel caso in cui con i genitori ci sia stato un attaccamento in cui si è complici e legati profondamente. A volte potrebbero cercare delle spiegazioni per sopravvivere alla sofferenza e alla confusione cercando di costruirsi delle immagini o dei significati che diano coerenza al proprio modo di sentire il dolore e alla situazione che si sta vivendo, questo potrebbe rendere fuorviante la consapevolezza reale del bambino e creare una base per delle psicopatologie.  


La necessità di parlare

Il non detto è portatore di verità, evitare per evitare potrebbe diventare una modalità comunicativa difficile da sradicare, ampliandosi sempre di più fino a diventare un argomento così ingombrante da rendere silenziosamente consapevole il bambino che è successo qualcosa, o sta succedendo qualcosa. I bambini diventano TESTIMONI SILENZIOSI di dolori e vissuti, portatori di traumi intergenerazionali che influenzano la loro vita e di chi li circonderà nella vita adulta.


Affrontare la malattia con consapevolezza

Raccontare di come si è suicidata una persona cara può essere estremamente difficile nel momento in cui si vive un lutto così improvviso, a volte risulta così difficile parlarne quando il dolore è troppo forte, quando il dolore lo percepisci ovunque, nella voce, nella pancia, nella testa. Si potrebbero riferire le informazioni di massa ad un bambino che chiede il modo in cui si la persona cara si è suicidata, fargli partecipare alle situazioni che si creano nei casi in cui ci sia una perdita, in modo da permettergli di creare delle immagini associate a quell’avvenimento, evitando così che il bambino possa creare delle fantasie non veritiere, troppo estreme o traumatizzanti, o ancora creare falsi ricordi.

 Ma non solo in casi di omicidio, suicidio o morte possono presentarsi difficoltà nello spiegare la sofferenza, anche la comunicazione di una malattia è particolarmente avvilente.



Il genitore sofferente o che accusa la perdita di una persona cara potrebbe aver bisogno di tempo per sviscerare il dolore vissuto, e condividere la sofferenza con i propri figli. Ma risulta di notevole importanza rendere il tempo consapevole, ovvero comunicare una eventuale malattia ai bambini riconosce intrinsecamente il suo diritto ed il suo bisogno di gestire il tempo che si ha a disposizione per viversi la persona che potrebbe perdere da un momento all’altro. Parlandone si dà la possibilità di rendere il tempo condiviso importante per le esperienze vissute e che si possono ancora vivere, costruire ricordi, fare quello che non si era ancora fatto.


Il potere della condivisione

Quindi abbiamo capito che lasciare ignari, ampliare il non detto non conferisce ai bambini la propria dignità al dolore, conoscerlo e riconoscerlo, vivendolo una prima volta e le successive con consapevolezza. Il tempo consapevole per dei testimoni non più silenziosi, ma testimoni vivi, che hanno la capacità di sentire e processare le emozioni negative associate alla morte, costruirsi dei ricordi, costruirsi la propria campana, non di vetro ma di vissuti che fanno parte della vita vera.


Tratto dal webinar de "I bambini e la morte: tra bisogno di protezione e death education" di Anna Rita Verardo.


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