NÉ VINCITORI, NÉ VINTI: LA PSICOSI DEL FIGLIO PER RISTABILIRE UN SENSO NELLA COPPIA GENITORIALE
- Dott.ssa Daniela Gallicchio
- 23 gen 2024
- Tempo di lettura: 9 min
I sintomi prodromici dei disturbi psicotici secondo la prospettiva sistemico-relazionale

Quasi tre ragazzi su cento possono andare incontro ad esperienze di tipo psicotico nella loro vita, anche se pochi svilupperanno un disturbo franco (DSM Trieste, 2014).
I disturbi psicotici, come indica il DSM 5, hanno un’età di insorgenza compresa tra 14 e i 35 anni e si manifestano con sintomi positivi e negativi, disorganizzazione del pensiero e del linguaggio, bizzarrie comportamentali, disturbi affettivi e marcato calo del funzionamento (APA, 2013). In questa fase gli adolescenti e i giovani adulti hanno una serie di grandi sfide da affrontare, tra cui la separazione dal nucleo familiare nella ricerca di proprio ruolo nel mondo.
Sulla base dei risultati relativi agli effetti negativi della durata della psicosi non trattata con la conseguente necessità di intervenire precocemente in modo specifico nel corso della malattia, negli anni 90' sono stati sviluppati i criteri clinici per individuare uno stato mentale ad alto rischio clinico di psicosi (CHR) convalidandoli inizialmente in campioni di adulti.
Nonostante la fase prodromica della psicosi sia cruciale per l’intervento, in molti casi i sintomi prodromici non conducono ad una conversione accertata in psicosi. Di conseguenza, Yung e McGorry (1996; 2007) hanno introdotto l’espressione di “stato mentale a rischio” (ARMS) per identificare adolescenti con sintomi psicotici sottosoglia che possono impiegare anni o persino decadi per la transizione; tra questi includiamo i sintomi di base (BS), che si manifestano a livello cognitivo-percettivo in vari domini tra cui quello del pensiero/linguaggio. Ad esempio, l'adolescente che svilupperà nel tempo una psicosi potrebbe inizialmente sperimentare il proprio flusso dei pensieri come bloccato, accelerato o confuso. Questo esempio fa comprendere come sia difficoltoso per i familiari riconoscere i sintomi iniziali dall' esterno, dal momento che possono essere solo auto-riferiti da chi li vive.
Dall’ altra parte si parla di “stato mentale ad altissimo rischio” (UHR) per identificare tre sindromi definite come:
Sindrome Psicotica Attenuata,
Sintomi Psicotici Brevi ed Intermittenti,
Sindrome da Rischio Genetico e Deterioramento,
che indicano il rischio imminente di transitare in psicosi nel giro di uno-due anni (Cannon et al., 2007). Pertanto, “stato mentale ad alto rischio” o “ad altissimo rischio” sono concetti prospettici introdotti per identificare una popolazione di adolescenti e giovani adulti per i quali possono essere giustificati interventi precoci al fine di prevenire aggravamenti e sofferenze associati all’ esordio di una psicosi franca.
Nello specifico, tra coloro che soddisfano i criteri per l'altissimo rischio, la maggior parte non contrae la psicosi franca e più del 50% va incontro a remissione spontanea nel giro di un anno dopo aver richiesto aiuto.
Tuttavia, questi individui riportano nel tempo diversi sintomi di ansia, depressione e difficoltà di adattamento, sottolineando così il bisogno di cure costanti.
Inoltre, per quanto riguarda i marker di vulnerabilità alla psicosi, nella letteratura si riscontrano in maggioranza studi che hanno indagato sulla neurocognizione e pochissimi invece sull’ esperienza emotiva e sulla regolazione affettiva.
Di conseguenza, per quanto riguarda gli interventi, non esistono ancora trattamenti specifici, anche se, i risultati di alcune ricerche sembrano suggerire che in questa popolazione un modello di trattamento integrato (trattamenti comunitari intensivi, apprendimento di competenze sociali, psicoeducazione in gruppi multifamiliari) consente una riduzione del 15% del tasso di conversione in psicosi conclamata.
Bisogna considerare che nel caso della psicosi si tratta di esperienze così peculiari da portare chi ne soffre a dubitare delle proprie percezioni, pensieri, comportamenti e persino della propria esistenza (Stanghellini, Mancini, 2018). Pertanto, risulta necessario esplorare il significato di queste esperienze, considerando soprattutto la fase adolescenziale in cui solitamente si manifestano.
Ma come si struttura un sintomo psicotico?
Secondo Mara Salvini Palazzoli, capogruppo della cosiddetta "Scuola di Milano" con orientamento sistemico-costruttivita, possono essere identificate sei fasi specifiche che caratterizzano l’evoluzione di un potenziale disturbo psicotico considerando il contesto familiare di riferimento.
Tali fasi non sono delle tappe fisse ma possono essere raggiunte in maniera variabile a seconda delle traiettorie intraprese.
Primo stadio: lo stallo della coppia genitoriale

“Noi siamo due rocce che si scontrano senza tregua. Ma è solo in questo scontro, in cui nessuno cede di un millimetro, che ci ossigeniamo.”
Secondo l’ottica stistemico-relazionale, esistono delle condizioni nella coppia genitoriale che costituiscono dei fattori predisponenti all’insorgenza della psicosi nel figlio. In particolare, nel caso specifico della psicosi, si parla di una situazione definita di “stallo” della coppia, in cui il rapporto non conosce vere crisi, né scenate catartiche o separazioni liberatorie. L'autrice lo definisce come un gioco di provocazioni senza riconoscere un vincente o un perdente. Convenzionalmente, il primo giocatore viene definito “provocatore attivo” e il secondo “provocatore passivo”.
Il provocatore attivo è facile da individuare con il suo fare dominante, diversamente da quello passivo che viene facilmente scambiato per vittima. Può essere, ad esempio, il marito che concede tutto alla moglie eccetto la soddisfazione di un bisogno (come può essere l’intimità). O ancora è il coniuge che non loda mai e reagisce alle eventuali rimostranze con risposte banali.
Per cui quello che sfocia nello stallo è definito come un gioco particolare che ha lo scopo di evitare ogni potenziale crisi. Di fatto, nella pratica clinica si osserva un’oscillazione repentina tra l’immagine di due genitori accaniti e quella invece di due coniugi che si amano in maniera struggente e duratura.
Esempio: mancanza di momenti coinvolgenti tra i coniugi; ci si limita a svolgere le mansioni della vita quotidiana come fare la spesa o le faccende domestiche a fronte di un appiattimento affettivo.
Secondo stadio: l’invischiamento del figlio nella coppia

Nella letteratura è stato riscontrato più volte come il figlio sintomatico risulta quello più coinvolto nei problemi dei genitori.
In particolare, il figlio che svilupperà una psicosi compie un errore di lettura di base: il provocatore attivo viene considerato il carnefice e quello passivo una vittima, prendendone le difese in maniera unilaterale.
Inoltre, è molto probabile che il provocatore attivo attui le sue mosse, oltre che con il coniuge, anche con il figlio, alimentando così il senso di solidarietà del figlio nei confronti del genitore “debole”. Tuttavia, anche il provocatore passivo può ricercare silenziosamente la vicinanza del figlio attraverso comportamenti più o meno seduttivi (confidenze e allusioni alla propria infelicità).
Queste comunicazioni segrete da parte del genitore vittimizzato possono essere interpretate dal figlio come promesse ambigue che vengono costantemente negate, generando così il tipico doppio legame descritto da Bateson.
Seguendo questa logica, il sintomo psicotico insorgerebbe nel momento in cui il figlio scopre il carattere strumentale del rapporto con il suo presunto alleato, facendo crollare l’universo affettivo e cognitivo costruito fino a quel momento.
Nel corso del tempo i ruoli possono invertirsi, coerentemente con un cambio di ruoli nel gioco dei genitori. Ad esempio, un futuro schizofrenico che ha trascorso la sua infanzia accanto alla madre vittimizzata potrebbe in adolescenza schierarsi dalla parte del padre, nel momento in cui per qualche motivo la madre riuscisse a riscattarsi.
Esempio: una madre emotivamente indisponibile che vive una situazione di stallo con il coniuge si sfoga con il proprio figlio che, fino ad allora trascurato, si illuderà di poter ricevere amore solo divenendo suo alleato.
Terzo stadio: il comportamento inusitato del figlio

Nella fase precedente, il figlio si schiera dalla parte dell’uno o dell’altro genitore in maniera non esplicita.
In questa fase invece, dopo essersi reso conto che il gioco tra i coniugi non si evolve, inizia a mettere in atto nuovi comportamenti non ancora francamente psicotici ma che rappresentano i primi segnali d’allarme.
Tra questi annoveriamo:
manifestazione di aggressività;
distacco nei confronti del genitore vincente;
ritiro sociale;
dispendio economico;
deterioramento generale.
Questi comportamenti hanno un duplice scopo: da una parte mirano a sfidare l’arroganza del vincente, dall’altra si predispongono come esempio di ribellione a cui dovrebbe ispirarsi il genitore perdente.
Tali comportamenti, che incutono timore nella coppia, possono insorgere improvvisamente durante la fase adolescenziale rappresentando un preteso segno di autonomizzazione che preannuncia l’insorgenza della psicosi in futuro.
Esempio: il genitore vincente inveisce contro il genitore debole il quale anche questa volta incassa e continua apparentemente indisturbato le sue attività.
Il figlio in un momento successivo potrebbe esprimere distacco nei confronti del genitore vincente oppure in maniera indiretta uscire con i pari e non rispettare le regole familiari.
Quarto stadio: il voltafaccia del presunto alleato

Come non tutte le coppie disturbate generano figli psicotici, allo stesso modo non diventa psicotico ogni figlio che cerca di “dare una lezione” ai propri genitori.
In questo senso, il genitore vincente può ricredersi e recedere per paura di mettere a repentaglio lo sviluppo del figlio oppure quello perdente finalmente potrebbe iniziare a difendere sé stesso e il figlio dalle prevaricazioni dell’altro genitore.
Se nulla di tutto ciò accade, il figlio ha fallito nel suo intento di smuovere le dinamiche coniugali e probabilmente rimarrà deluso dal genitore perdente che non solo non ne prenderebbe più le difese ma, nell’incapacità di reagire agli attacchi, arriverebbe a coalizzarsi con il genitore vincente.
Esempio: il figlio riesce ad esprimere il suo disappunto per il trattamento secondo lui ingiusto che un coniuge infligge all' altro. Successivamente, accade con sorpresa che i due coniugi ritrovano la loro vicinanza e trascorrono più tempo insieme.
Quinto stadio: l’esplosione della psicosi

Soppiantato dalle prevaricazioni del genitore vincente e tradito dal genitore perdente, il figlio si sentirà solo e abbandonato sperimentando sentimenti depressivi, impotenza e rabbia.
La coloritura depressiva prevarrà se il figlio aveva stabilito un rapporto autentico con il genitore perdente, risultando perciò intollerabile il tradimento.
Se invece la sua psiche è dominata dal senso di impotenza per non essere stato in grado di soppiantare il genitore vincente, sarà invece la componente aggressiva a prevalere.
In ogni caso, il figlio non avrà modo di dichiararsi sconfitto nella situazione di stallo dei genitori per cui il sintomo psicotico emergerà come unica arma che gli consentirà di prevalere sul vincente e di dimostrare al perdente che cosa è capace di fare.
Esempio: la situazione di stallo non viene smossa neanche dai primi cenni di ribellione del figlio; i genitori si avvicinano nel tentativo di curare il figlio e allo stesso tempo proteggersene e questo rinforzerà la sintomatologia psicotica.
Sesto stadio: le strategie basate sul sintomo

Dopo che la psicosi è esplosa si possono sviluppare tre traiettorie differenti:
1) I sintomi psicotici ottengono un effetto di trasformazione all’interno dello stallo e quindi gradualmente si attenuano fino a scomparire;
2) L’ eventuale trasformazione è mediata dall’intervento di specialisti, la quale inclusione genera un cambiamento del gioco (terapia familiare);
3) Il comportamento psicotico si cronicizza raggiungendo il sesto stadio: ogni membro della famiglia mette in atto una propria strategia attorno al sintomo psicotico che ha l’effetto pragmatico di mantenerlo.
Detto ciò, sembra quasi che i coniugi possano trarre dei vantaggi dalla sintomatologia del figlio per quanto riguarda quegli aspetti connessi allo stallo del rapporto. In linea con questo processo, nella fase di cronicizzazione è stato riscontrato più volte il fenomeno per cui il genitore perdente appare molto meno motivato al lavoro terapeutico sabotandolo più o meno apertamente in modo da rimanere aggrappato ai sintomi del figlio. In realtà, anche l’altro genitore si oppone silenziosamente al cambiamento, con lo scopo di tenere legato a sé, attraverso la sintomatologia del figlio, un importante alleato nella battaglia coniugale. Così entrambi i genitori, opponendosi alla guarigione del figlio, possono preservare lo stallo dalla situazione coniugale.
Esempio: un padre introverso (genitore perdente) non riesce a tollerare l’estroversione e l’inclusività sociale della coniuge (genitore vincente); i sintomi psicotici del figlio possono aiutarlo nell’intento di limitare e controllare il modo di essere della moglie.
Il ruolo dei fratelli del futuro schizofrenico

Con famiglie presentanti figli psicotici cronici l’esperienza clinica rivela in prima linea problemi all’interno della fratria con la presenza di preferenze da parte dei genitori per questo o per l’altro figlio.
Nell'intero nucleo familiare si individuano diverse configurazioni che contribuiscono a strutturare la sintomatologia psicotica in un figlio, tra cui la presenza del fratello inviante prestigioso.
In questo caso, colui che si propone di riformare l’assetto del rapporto coniugale non è più il futuro paziente ma uno dei fratelli, solitamente il più “brillante”, che risulta invischiato nel gioco di coppia tra seduzioni e richieste d’aiuto sin dalla nascita. Il futuro schizofrenico, cercando di attirare l’attenzione su di sé, imita le buone opere del fratello.
Tuttavia, essendo i genitori troppo coinvolti nel gioco di stallo non possono occuparsi del figlio sintomatico che, sempre più trascurato, entrerà in competizione con il fratello brillante schierandosi con il genitore vincente e mettendo in atto i primi comportamenti d’allarme. L'effetto che ne consegue in realtà rafforzerà in entrambi i rapporti il ruolo di superiorità del fratello:
a) il genitore vincente a causa dei primi cenni di malattia del figlio sintomatico rifuterà il suo avvicinamento e investirà risorse sul figlio prestigioso;
b) il genitore perdente a causa dell'avvicinamento del figlio sintomatico all'altro genitore sarà portato a cercare vicinanza con il figlio prestigioso tramite confidenze riguardo i primi segnali di malattia del figlio.
Quindi, considerando l'intero nucleo familiare, si evince che all’origine della strutturazione del sintomo psicotico oltre alla situazione di stallo della coppia si aggiunge la condizione di strapotere del fratello “sano” che ottiene sostegno e riconoscimento a spese della patologia del paziente psicotico.
A seguito di ciò, una volta che la sintomatologia psicotica è esplosa, il fratello prestigioso potrebbe faticare ad abbandonare il proprio trono di onnipotenza sperimentando difficoltà di autonomia nel mondo esterno e contribuendo a mantenere la sintomatologia nel tempo del paziente designato.
Esempio: il fratello prestigioso, una volta scoppiata la psicosi della sorella, tenta di costruirsi la sua autonomia scegliendo di studiare in una città distante da casa. Tuttavia, ottenuto il diploma si lascia convincere a rientrare in famiglia soppiantato dalle chiamate telefoniche dei genitori per le crisi della sorella. Ciò potrebbe portare il fratello ad interrompere di fatto gli studi comunicando implicitamente alla sorella di non essere figli alla pari perchè lui rappresenta una risorsa e lei un problema.
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